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Punto di vista: L’acqua non ha bisogno di confini – e noi?

11/03/2020 / alpMedia
Finora nelle regioni alpine è disponibile acqua a sufficienza. Affinché anche in futuro continui a essere sufficiente per tutti, nonostante il cambiamento climatico, l’acqua deve essere considerata un bene comune alpino al di là dei confini nazionali, afferma Marion Ebster, responsabile di progetto della CIPRA International.
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Marion Ebster, responsabile di progetto «Natura e uomo» di CIPRA International (c) Caroline Begle

L’acqua è di per sé in costante movimento e non conosce confini. I volumi di deflusso stagionali sono molto differenziati. Questo pone grandi sfide nella regione alpina, suddivisa in più Paesi e densamente popolata. La necessità di un coordinamento transfrontaliero nello spazio alpino cresce di pari passo con l’aumento delle temperature, ma ciò non accade per la volontà politica di procedere in tal senso. E questo rende ancora più difficile l’impegnativo confronto sui conflitti di ripartizione e di utilizzo. Ma è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nello spazio alpino: il coinvolgimento di tutti gli interlocutori e delle parti interessate per gestire l’utilizzo e la ripartizione dell’acqua in un contesto in cui gli effetti del cambiamento climatico si aggravano di giorno in giorno – ovviamente a livello transfrontaliero. È necessario che le istituzioni e la popolazione acquistino una maggior consapevolezza dell’acqua come bene comune. Spunti interessanti in questa direzione si possono già individuare.

A metà febbraio 2020 la Presidenza francese della Convenzione delle Alpi ha invitato ad una conferenza internazionale sull’acqua. Anche in tale occasione è stata richiamata l’attenzione sulla necessità di una gestione ottimizzata dell’acqua nello spazio alpino e sull’aumento dei conflitti d’utilizzo. Un esempio di buona pratica presentato è la gestione integrata del bacino idrografico del fiume Inn nella Bassa Engadina/CH su una superficie di 2.000 chilometri quadrati con cinque comuni e 7.900 abitanti. Un processo lungo e difficile ha portato all’adozione di un piano d’azione per questo tipo di gestione partecipativa dell’acqua a livello locale da parte dei comuni. Tuttavia il fiume Inn ha una lunghezza totale di 517 chilometri e un bacino idrografico di 26.000 chilometri quadrati – ma intervenire a questo livello richiederebbe una gestione integrata delle acque in tre Stati.

Nonostante tutte le difficoltà, la partecipazione della popolazione interessata alle complesse questioni di gestione dell’acqua deve essere affrontata anche a livello transfrontaliero. Le istituzioni transnazionali svolgono un ruolo centrale in questo ambito: sia l’UE, con la sua Direttiva quadro sulle acque, sia la Convenzione delle Alpi, con il suo sistema di obiettivi per il clima 2050, devono chiedere con maggiore fermezza una gestione delle acque partecipativa e transfrontaliera. Altrimenti corrono il rischio di lasciarsi sfuggire uno dei temi più importanti dei prossimi decenni e quindi forse l’ultima opportunità di arrivare ad un uso sostenibile ed equo dell’acqua, una delle nostre risorse più importanti.