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«Un processo partecipativo è tutt’altro che un compleanno di bambini»

20/07/2018
Con «nonconform», l’architetto austriaco Roland Gruber e il suo team hanno intenzione di rivitalizzare spazi e piazze puntando su una progettazione partecipata.
Image caption:
© Lars Landmann

Quali devono essere gli obiettivi primari della pianificazione territoriale nelle Alpi?
La cosa più importante è che i centri storici di villaggi e città non siano ridotti al silenzio! Sono loro la spina dorsale della qualità di vita dei nostri luoghi. Spostare in periferia funzioni quali l’abitare, il lavoro, il commercio e il tempo libero, con il conseguente spopolamento dei centri, contribuisce alla rovina dei nostri comuni. Prima sono nate aree estese di villette monofamiliari, seguite da centri commerciali; nel frattempo, qua e là, anche centri amministrativi e sanitari sorgono in zone periferiche. Questo “effetto donut” sottrae ai luoghi il loro terreno e la loro identità.

Che cosa ci vuole per rendere interessante anche per i privati la compattazione verso l’interno?
Accanto alla sensibilizzazione e al buon esempio delle pubbliche amministrazioni, si tratta di sviluppare incentivi finanziari per gli interventi di edilizia. L’edilizia è sempre legata a grandi investimenti, che un programma di incentivazione comunale non è in grado di ridurre sostanzialmente e che sono comunque a carico dello stesso committente. Ma i costi energetici e finanziari sono tanto più grandi per i nuovi sviluppi urbanistici, necessariamente legati ad un ampliamento delle infrastrutture, che in ultima analisi sono a carico della pubblica amministrazione. Nei territori decentralizzati anche i costi indiretti della mobilità sono particolarmente elevati per la popolazione residente, con grosse difficoltà in particolare per le persone anziane con un’autonomia e una mobilità ridotte. Spetta quindi fondamentalmente alla politica comunicare queste dinamiche e promuovere l’abitare nel centro storico come alternativa di qualità all’urbanizzazione delle aree non edificate. Un elemento importante è perciò costituito dall’informazione, che non sia però limitata alla semplice documentazione delle buone pratiche, ma includa invece l’opportunità di visitarle in loco. Un programma d’incentivazione del genere dovrebbe essere legato anche ad una consulenza edilizia. Quel che conta è creare un approccio olistico, coerente e sostenibile al costruire e abitare nel centro storico, che tenga conto degli aspetti demografici, energetici e architettonici.
    
Quali sono le esperienze positive e negative a livello di partecipazione civica?
La partecipazione dei cittadini allo sviluppo di soluzioni per sfide complesse ha senso se le parti coinvolte sono realmente convinte che la raccolta di interessi diversi possa davvero portare alla realizzazione degli obiettivi comuni. Essa richiede la capacità di entrare in relazione con gli altri. Il dialogo deve essere in primo piano. La partecipazione civica non è un compleanno di bambini, dovrebbe invece essere implementata in maniera leggera e sciolta per favorire l’accettazione e l’apprezzamento della gente. La partecipazione dei cittadini dà necessariamente luogo alla frustrazione se abusata per affermare interessi particolari, se nella valutazione degli interessi si auspicano i “vincenti” e i “perdenti”, o se si pensa di poter desiderare qualcosa senza dover affrontare le conseguenze di questi desideri.

Qual è la sua richiesta alla pianificazione territoriale nazionale o a quella nelle Alpi?
Perché la vita possa nuovamente tornare nei centri storici ci vuole un insieme di misure e soprattutto la spina dorsale e la perseveranza dei protagonisti sul posto. In primo luogo è necessario che la politica e le amministrazioni favoriscano lo sviluppo interno rispetto a quello esterno. Un passo successivo è quello di motivare la cittadinanza con processi partecipativi coraggiosi ad affrontare la questione insieme, mettendo a disposizione anche gli strumenti giusti per questa partecipazione. I cittadini, in quanto esperti del proprio territorio, vanno coinvolti nella realizzazione dei cambiamenti, dal primo momento della nascita di idee, fino alla loro attuazione concreta.  

Come attuare questo desiderio? Quali strumenti sono necessari?
Nonostante i numerosi alloggi vuoti nei centri storici che dispongono di buone infrastrutture, la maggior parte dei nuovi quartieri residenziali monofamiliari o delle zone industriali viene realizzata in aree edificabili alla periferia dei nuclei storici, con conseguente consumo di suolo. Riducendo il consumo di risorse, sarebbe invece tanto più saggio rivitalizzare i nostri centri storici spopolati con forme creative e moderne dell’abitare, del lavorare, del commercio e tempo libero, utilizzando edifici e superfici esistenti: ristrutturare, ampliare e, dove c’è ancora spazio, costruire del nuovo. Questo modo di costruire più compatto e più denso e le forme miste d’uso che ne risultano sono essenziali per lo spazio sociale delle persone e quindi anche per un’area urbana intatta. E per giunta riduce il consumo di superficie. A tal fine c’è bisogno di una sensibilità diffusa per un uso intelligente e parsimonioso del suolo e del territorio. Questo principio viene enunciato e preteso in molti documenti, tuttavia ogni giorno vengono in media sigillati ed edificati circa 22 ettari in Austria (pari a 30 campi di calcio) e 80 ettari in Germania (pari a 100 campi di calcio).


I territori rurali come possono imparare dalle aree metropolitane?
La riduzione al silenzio dei centri storici ha numerose ragioni. Una fra le maggiori è l’uso sempre più diffuso dell’automobile negli ultimi decenni, il che ha portato alla dislocazione nelle periferie di numerose funzioni essenziali per la vita quotidiana. In tal modo si è diffusa anche una separazione delle funzioni e sono nate delle monostrutture. Prima della mobilità fossile, nei territori rurali l’abitare e il lavoro erano fortemente legati l’uno all’altro. La nostra proposta dell’edificio dall’uso aperto, quella cioè di creare edifici con un uso misto e variabile, che possono cambiare con i suoi utenti e le loro esigenze, dando un contributo importante ad uno spazio di vita vitale, vale sia per la città che per i diversi tipi di territori rurali. La futura gestione del territorio deve prevedere la creazione di edifici che svolgono diverse funzioni contemporaneamente o in successione. Questo non significa che la propria abitazione deve essere anche l’ufficio, ma che lo stesso edificio può contenere un asilo o un caffè al piano terra. L’idea della pianificazione dall’uso aperto permette alla famiglia, dopo che i figli se ne sono andati, di conferire una parte dell’abitazione al vicino. E anche i centri storici dei villaggi di campagna hanno bisogno di strutture edili di questo genere.

Se il denaro, le strutture esistenti e le barriere mentali in testa non avessero importanza, come sarebbe il villaggio e la città del futuro?
Se rimango nelle Alpi e immagino un villaggio semplice che ha futuro, lo scenario potrebbe essere il seguente. In un luogo qualsiasi, negli ultimi anni si sono creati dei gran vuoti, è nato un gran buco “donut”. L’amministrazione comunale, insieme agli abitanti, con grande lungimiranza ha acquistato questo edificio per dare un impulso decisivo e sostenibile. L’obiettivo è quello di rendere il nucleo storico più interessante e di riposizionarlo nuovamente al centro della vita quotidiana. Il patrimonio non utilizzato e vuoto doveva essere trasformato in una casa comunale dai diversi utilizzi, che comprendono le funzioni abitare, lavoro ed acquisti, nonché un luogo che consentisse attività regolari di rilevanza locale, ma anche regionale. La via scelta è molto particolare: un dialogo con un concorso fra comune, popolazione, operatori della cultura e architetti. Questo ha consentito di combinare in maniera del tutto nuova la partecipazione della popolazione e il concorso di architettura, normalmente appartenenti a due mondi diversi. Nasce così un progetto di qualità, accettato dalla popolazione, dalla politica, dall’amministrazione e dagli specialisti, realizzato con creatività e coraggio, che getta la propria luce anche oltre i confini del villaggio e che ottiene quindi un riconoscimento diffuso. La vita nel villaggio è di nuovo un piacere e il anche gli ospiti vengono in visita volentieri, soprattutto per imparare. E questo villaggio è l’esempio paradigmatico di sviluppo innovativo del centro storico con la massima qualità architettonica e una saggia partecipazione della gente.

Intervista: Corinne Buff, CIPRA Internazionale

www.nonconform.at (de)

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