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Le forze della natura scatenate
24/09/2013
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Andreas Weissen
Fin dalle sue origini l’uomo è rimasto affascinato dall’acqua: elemento paesaggistico, portatore di sciagure o fonte di ispirazione. Andreas Weissen, cantastorie vallesano, parla di saghe e miti attorno all‘acqua.
«Z’wenig und z’vill verderpunt alli Schpill», recita un antico proverbio del Vallese che può essere tradotto pressappoco così: «la carenza o l’abbondanza rovinano ogni gioco». Ed ecco che, improvvisamente, il divertimento diventa tremendamente serio, ad esempio quando piove troppo o troppo poco. Ne derivano siccità o esondazioni dalle conseguenze devastanti.
Da quando l’uomo vive permanentemente in regioni poco ospitali come le Alpi, gli eventi naturali estremi fanno parte del suo pane quotidiano. La topografia e il clima, insieme alla forza di gravità, fanno sì che masse di acqua, fango, detriti e rocce scendano a valle mettendo a rischio abitanti e devastando insediamenti e beni.
Una visione antropocentrica definisce questi eventi naturali estremi «catastrofi». Da sempre l’uomo tenta di capire perché si scatenano le forze della natura. C’era il «Rollibock», un mostro bipede con occhi roventi e ardenti, che invece di una pelliccia vestiva ghiaccioli tintinnanti. Era sufficiente che qualcuno pronunciasse inavvertitamente il suo nome ad alta voce, perché il caprone desse in escandescenza e nella sua rabbia vuotasse interi laghi ghiacciati. E ci furono le streghe del maltempo, cui bastava versare un paiolo di acqua perché si aprissero le cateratte del cielo portando via uomini e animali. Se qualcuno trasgrediva le regole della misericordia, rifiutando il cibo a un affamato o il letto a un senza tetto, sarebbe inevitabilmente rimasto vittima della violenza mortale degli elementi della natura.
Ricostruire ghiacciai, creare fonti
Va notato che nelle antichissime leggende è soprattutto l’uomo a causare le catastrofi, superando i limiti o trasgredendo i comandamenti. E’ così che le spiegazioni archetipiche incontrano improvvisamente scenari attuali, conseguenza dei cambiamenti climatici, generati da un errato comportamento dell‘uomo. Nelle antiche storie venivano violati i confini morali, mentre nei modelli scientifici
viene rotto l’equilibrio ecologico – in entrambi i casi con conseguenze apocalittiche.
Ma cambiamo scenario: molte vallate alpine sono talmente secche da rendere rada la vegetazione; un utilizzo agricolo e l’insediamento permanente non sarebbero possibili se l’uomo non avesse creato sistemi di irrigazione artificiali. Le saghe parlano dell’uomo che tenta di ricostruire ghiacciai e di creare magiche fonti. Ma senza successo. Fu così necessario portare le acque delle nevi e dei ghiacci verso prati, campi e orti attraverso chilometri e chilometri di canali e fossi che in Alto Adige sono chiamati «Waale», nel Vallese «Suonen» o «Bisses», in Val d’Aosta «Ru» e nel Briançonnese «Peyras». Giorno e notte le colture agricole venivano irrigate rispettando una ferrea turnazione.
La tradizione vuole che San Pietro, colto da compassione per i vallesani, proponesse loro di pregare Dio di far piovere di più per risparmiare un mucchio di lavoro faticoso. Ma i vallesani ringraziarono rifiutando l’offerta, perché pensavano che non fosse il caso di affidare un compito così delicato e vitale a un estraneo, e che fosse meglio che provvedessero loro stessi. E perché non sono morti continuano ad irrigare ancora oggi.
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Mediatore culturale e ambientalista
Andreas Weissen, nato nel 1957 a Briga nel Vallese, è Direttore della Rete dei parchi svizzeri. Guadagna parte del suo sostentamento come cantastorie. Con una candela, un flauto dolce e la voce conduce il suo pubblico nei tempi passati. Andreas Weissen ha studiato giornalismo all’università di Fribourg e pedagogia, storia economica e sociale all’università di Berna. Dal 1995 al 2004 è stato Presidente della CIPRA Internazionale.
www.andreas-weissen.ch (de)
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Origine: Alpinscena n. 98 (www.cipra.org/it/alpmedia/pubblicazioni/5222)
Da quando l’uomo vive permanentemente in regioni poco ospitali come le Alpi, gli eventi naturali estremi fanno parte del suo pane quotidiano. La topografia e il clima, insieme alla forza di gravità, fanno sì che masse di acqua, fango, detriti e rocce scendano a valle mettendo a rischio abitanti e devastando insediamenti e beni.
Una visione antropocentrica definisce questi eventi naturali estremi «catastrofi». Da sempre l’uomo tenta di capire perché si scatenano le forze della natura. C’era il «Rollibock», un mostro bipede con occhi roventi e ardenti, che invece di una pelliccia vestiva ghiaccioli tintinnanti. Era sufficiente che qualcuno pronunciasse inavvertitamente il suo nome ad alta voce, perché il caprone desse in escandescenza e nella sua rabbia vuotasse interi laghi ghiacciati. E ci furono le streghe del maltempo, cui bastava versare un paiolo di acqua perché si aprissero le cateratte del cielo portando via uomini e animali. Se qualcuno trasgrediva le regole della misericordia, rifiutando il cibo a un affamato o il letto a un senza tetto, sarebbe inevitabilmente rimasto vittima della violenza mortale degli elementi della natura.
Ricostruire ghiacciai, creare fonti
Va notato che nelle antichissime leggende è soprattutto l’uomo a causare le catastrofi, superando i limiti o trasgredendo i comandamenti. E’ così che le spiegazioni archetipiche incontrano improvvisamente scenari attuali, conseguenza dei cambiamenti climatici, generati da un errato comportamento dell‘uomo. Nelle antiche storie venivano violati i confini morali, mentre nei modelli scientifici
viene rotto l’equilibrio ecologico – in entrambi i casi con conseguenze apocalittiche.
Ma cambiamo scenario: molte vallate alpine sono talmente secche da rendere rada la vegetazione; un utilizzo agricolo e l’insediamento permanente non sarebbero possibili se l’uomo non avesse creato sistemi di irrigazione artificiali. Le saghe parlano dell’uomo che tenta di ricostruire ghiacciai e di creare magiche fonti. Ma senza successo. Fu così necessario portare le acque delle nevi e dei ghiacci verso prati, campi e orti attraverso chilometri e chilometri di canali e fossi che in Alto Adige sono chiamati «Waale», nel Vallese «Suonen» o «Bisses», in Val d’Aosta «Ru» e nel Briançonnese «Peyras». Giorno e notte le colture agricole venivano irrigate rispettando una ferrea turnazione.
La tradizione vuole che San Pietro, colto da compassione per i vallesani, proponesse loro di pregare Dio di far piovere di più per risparmiare un mucchio di lavoro faticoso. Ma i vallesani ringraziarono rifiutando l’offerta, perché pensavano che non fosse il caso di affidare un compito così delicato e vitale a un estraneo, e che fosse meglio che provvedessero loro stessi. E perché non sono morti continuano ad irrigare ancora oggi.
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Mediatore culturale e ambientalista
Andreas Weissen, nato nel 1957 a Briga nel Vallese, è Direttore della Rete dei parchi svizzeri. Guadagna parte del suo sostentamento come cantastorie. Con una candela, un flauto dolce e la voce conduce il suo pubblico nei tempi passati. Andreas Weissen ha studiato giornalismo all’università di Fribourg e pedagogia, storia economica e sociale all’università di Berna. Dal 1995 al 2004 è stato Presidente della CIPRA Internazionale.
www.andreas-weissen.ch (de)
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Origine: Alpinscena n. 98 (www.cipra.org/it/alpmedia/pubblicazioni/5222)