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Placebo o panacea?
13/07/2012
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CIPRA Internationale Alpenschutzkommission
Il termine «governance» è sulla bocca di tutti. Territorial, local, urban, european, global, e ultimamente anche climate governance – processi decisionali partecipativi per migliorare il mondo. Che cosa nasconde questo termine e quali sono le opportunità e le insidie incontrate nell’affrontare questo processo?
Il tema della governance si è affacciato sul fronte della politica e dell’amministrazione agli inizi degli anni ’90, lanciato dalla Banca mondiale che parlò di «good governance» come condizione per uno sviluppo economico positivo. La Banca immaginava che la ripresa economica avrebbe richiesto un minimo di istituzioni democratiche e uno Stato di diritto.
L’Unione europea ha sottoposto all’opinione pubblica il concept della governance nel 2001, nell’ambito di un libro bianco dal titolo «European Governance». Una delle ragioni di ciò era la perdita di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni politiche e dei partiti, soprattutto a livello europeo. Sullo sfondo dell’imminente allargamento ad est dell’UE, una «Good Governance» doveva fungere da catalizzatore per la riforma delle istituzioni europee.
A ciascuno la sua governance
A tutt’oggi non esiste alcuna definizione universale di governance (vedi riquadro). Il termine è poco preciso, il che dipende in primo luogo dalla complessità delle dinamiche e dai diversi punti di vista con cui viene inquadrato il tema. Anche l’applicazione pratica ha diverse sfaccettature.
La «Good Governance» promulgata dal libro bianco UE intende un’azione governativa e amministrativa basata su trasparenza, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza (vedi riquadro a sinistra/destra in basso). Tutte le azioni sono continuamente soggette ad un processo di retroazione reciproco con la politica, l’amministrazione, la società civile e le parti interessate.
Alcuni danno il buon esempio
Negli ultimi 15 anni i processi di controllo politico sono sempre più stati influenzati da idee e principi mutuati del concetto di governance. E’ aumentato, ad esempio, il numero di Comuni e regioni che hanno sviluppato progetti di sviluppo settoriali o territoriali nell’ambito di processi cooperativi, e con il coinvolgimento di diversi gruppi di interesse, fra cui ad esempio la Energiezukunft Vorarlberg (vedi pagina 9), i contratti fluviali e le agenzie dell’acqua in Francia (vedi pagine 10 e 19) o il Concept di sviluppo territoriale 2011 in Austria.
Anche i controversi progetti infrastrutturali e di altro tipo difficilmente possono fare a meno oggi delle procedure di composizione di conflitti e di mediazione, ad esempio il bosco di protezione Hinterstein in Germania o il progetto di difesa dalle inondazioni a Samedan in Svizzera, descritto anche nel 3° Rapporto sullo stato delle Alpi della CIPRA. Sono esemplari per l’affiancamento natura-uomo nel concepimento di aree protette il Parco svizzero Ela (vedi pagina 11), la rete di aree protette del Trentino in Italia e il parco sloveno Logarska dolina (entrambi a pagina 8). Non ultima, anche l’idea corrente di una strategia macroregionale per lo spazio alpino può essere considerata un tentativo di migliorare l’azione congiunta di diversi attori alpini nel senso di una Good Governance.
Un percorso in salita
La governance inizia con noi stessi. Si tratta della nostra disponibilità ad accettare la cooperazione con altri e quindi anche la possibilità di accettare compromessi. A questo riguardo si pone la domanda del proprio atteggiamento e della capacità di sviluppare la fiducia nei confronti di altri e di acquisire la fiducia degli altri. Io coopero con altri se questo mi permette di raggiungere meglio i miei stessi obiettivi. A tale scopo è però necessario che io conosca i miei obiettivi e che sia in grado di formularli nei confronti degli altri.
Seguire il concept della governance significa quindi partecipare e cooperare. Ma questo non crea il rischio di essere schiacciati dal dolce abbraccio dei più potenti e di essere schiacciati nei processi di trattativa? Proprio per le ONG e le altre organizzazioni della società civile, che da sempre esigono con forza la partecipazione e il coinvolgimento in procedure cooperative, rappresenta una grande sfida, perché il semplice atteggiamento di protesta non conduce da nessuna parte; ci sono le regole del gioco a cui occorre sottomettersi. Se nell’ambito di un processo partecipativo la decisione verte sul tracciato di una strada, spesso non c’è posto per la posizione che sostiene che si può fare a meno della strada stessa.
Da queste regole del gioco spesso risulta che le effettive controversie vengono trattate come questioni concrete apparentemente neutre, per le quali dovrebbe quindi esistere un netto «giusto» o «sbagliato». I critici fanno presente che in questo modo si negherebbe il contenuto politico di un punto controverso – e quindi anche le asimmetrie persistenti nella struttura di potere. Gli argomenti «soft» della protezione dell’ambiente, ad esempio di iniziative popolari, ONG e gruppi simili, sono difficili da sostenere di fronte ad argomenti economici «hard» che documentano con cifre concrete il rischio di una perdita di posti di lavoro. Per questa ragione i gruppi di questo tipo procedono spesso su due binari: da un lato partecipano attivamente nell’ambito di processi organizzati, ma non rinunciano alla mobilitazione della strada se questi mezzi paiono loro adatti a raggiungere il fine.
Perché la società civile nelle Alpi possa essere maggiormente coinvolta nei processi decisionali, tutte le parti in causa devono rendersi conto che questo impegno mobilita risorse ed è utile per tutti. I responsabili devono inoltre essere abilitati a dirigere questi processi. E infine un accompagnamento professionale richiede strutture e organizzazioni e quindi sufficienti risorse a livello di personale, finanziario e intellettuale.
I cinque principi della «Good Governance»
Trasparenza: libero accesso alle informazioni sulle questioni ambientali, la partecipazione a procedimenti amministrativi su progetti con un impatto ambientale e la possibilità di adire alle vie legali contro danni ambientali, nonché la trasparenza dell’azione amministrativa e la tracciabilità delle decisioni.
Partecipazione: coinvolgimento leale delle organizzazioni della società civile come le ONG, le iniziative popolari e le persone interessate, nel concepimento e nell’implementazione di piani, programmi e progetti.
Responsabilità: ripartizione chiara dei ruoli e dei compiti a livello legislativo ed esecutivo.
Efficacia: delega della responsabilità e competenza decisionale agli interessati o al livello territoriale o tecnico successivo.
Coerenza: armonizzazione delle azioni a livello amministrativo e politico fra i diversi organi e livelli gerarchici.
*********************************************
Processi strettamente connessi
Il termine governance oggi è spesso opposto a quello di «government», dove – pur semplificando – government indica un’amministrazione statale vecchia, incrostata e inefficiente, in cui le decisioni sono rigidamente imposte dall’alto e quindi spesso molto distanti dalla realtà e dai cittadini. Governance invece indica una tendenza verso uno Stato snello, efficace e soprattutto democratico in cui processi informali e flessibili sono di grande importanza. Governance prevede ampi spazi di autogestione, è marcatamente decentralizzata e promuove l’approccio della cooperazione (regionale) basata sul consenso.
In realtà la governance indica un cambiamento diffuso della concezione di amministrazione e governo: anche le istituzioni statali sono sempre più un attore in una rete di attori. Le attività statali si spostano sempre più alla conduzione e gestione di processi di negoziazione della società civile. Questa prospettiva spiega l’attuale aumento delle cooperazioni pubbliche, oppure il trasferimento di uffici pubblici ad agenzie di norma organizzate secondo il diritto privato.
Origine: Alpinscena n. 96 (www.cipra.org/it/alpmedia/pubblicazioni/4960)
L’Unione europea ha sottoposto all’opinione pubblica il concept della governance nel 2001, nell’ambito di un libro bianco dal titolo «European Governance». Una delle ragioni di ciò era la perdita di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni politiche e dei partiti, soprattutto a livello europeo. Sullo sfondo dell’imminente allargamento ad est dell’UE, una «Good Governance» doveva fungere da catalizzatore per la riforma delle istituzioni europee.
A ciascuno la sua governance
A tutt’oggi non esiste alcuna definizione universale di governance (vedi riquadro). Il termine è poco preciso, il che dipende in primo luogo dalla complessità delle dinamiche e dai diversi punti di vista con cui viene inquadrato il tema. Anche l’applicazione pratica ha diverse sfaccettature.
La «Good Governance» promulgata dal libro bianco UE intende un’azione governativa e amministrativa basata su trasparenza, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza (vedi riquadro a sinistra/destra in basso). Tutte le azioni sono continuamente soggette ad un processo di retroazione reciproco con la politica, l’amministrazione, la società civile e le parti interessate.
Alcuni danno il buon esempio
Negli ultimi 15 anni i processi di controllo politico sono sempre più stati influenzati da idee e principi mutuati del concetto di governance. E’ aumentato, ad esempio, il numero di Comuni e regioni che hanno sviluppato progetti di sviluppo settoriali o territoriali nell’ambito di processi cooperativi, e con il coinvolgimento di diversi gruppi di interesse, fra cui ad esempio la Energiezukunft Vorarlberg (vedi pagina 9), i contratti fluviali e le agenzie dell’acqua in Francia (vedi pagine 10 e 19) o il Concept di sviluppo territoriale 2011 in Austria.
Anche i controversi progetti infrastrutturali e di altro tipo difficilmente possono fare a meno oggi delle procedure di composizione di conflitti e di mediazione, ad esempio il bosco di protezione Hinterstein in Germania o il progetto di difesa dalle inondazioni a Samedan in Svizzera, descritto anche nel 3° Rapporto sullo stato delle Alpi della CIPRA. Sono esemplari per l’affiancamento natura-uomo nel concepimento di aree protette il Parco svizzero Ela (vedi pagina 11), la rete di aree protette del Trentino in Italia e il parco sloveno Logarska dolina (entrambi a pagina 8). Non ultima, anche l’idea corrente di una strategia macroregionale per lo spazio alpino può essere considerata un tentativo di migliorare l’azione congiunta di diversi attori alpini nel senso di una Good Governance.
Un percorso in salita
La governance inizia con noi stessi. Si tratta della nostra disponibilità ad accettare la cooperazione con altri e quindi anche la possibilità di accettare compromessi. A questo riguardo si pone la domanda del proprio atteggiamento e della capacità di sviluppare la fiducia nei confronti di altri e di acquisire la fiducia degli altri. Io coopero con altri se questo mi permette di raggiungere meglio i miei stessi obiettivi. A tale scopo è però necessario che io conosca i miei obiettivi e che sia in grado di formularli nei confronti degli altri.
Seguire il concept della governance significa quindi partecipare e cooperare. Ma questo non crea il rischio di essere schiacciati dal dolce abbraccio dei più potenti e di essere schiacciati nei processi di trattativa? Proprio per le ONG e le altre organizzazioni della società civile, che da sempre esigono con forza la partecipazione e il coinvolgimento in procedure cooperative, rappresenta una grande sfida, perché il semplice atteggiamento di protesta non conduce da nessuna parte; ci sono le regole del gioco a cui occorre sottomettersi. Se nell’ambito di un processo partecipativo la decisione verte sul tracciato di una strada, spesso non c’è posto per la posizione che sostiene che si può fare a meno della strada stessa.
Da queste regole del gioco spesso risulta che le effettive controversie vengono trattate come questioni concrete apparentemente neutre, per le quali dovrebbe quindi esistere un netto «giusto» o «sbagliato». I critici fanno presente che in questo modo si negherebbe il contenuto politico di un punto controverso – e quindi anche le asimmetrie persistenti nella struttura di potere. Gli argomenti «soft» della protezione dell’ambiente, ad esempio di iniziative popolari, ONG e gruppi simili, sono difficili da sostenere di fronte ad argomenti economici «hard» che documentano con cifre concrete il rischio di una perdita di posti di lavoro. Per questa ragione i gruppi di questo tipo procedono spesso su due binari: da un lato partecipano attivamente nell’ambito di processi organizzati, ma non rinunciano alla mobilitazione della strada se questi mezzi paiono loro adatti a raggiungere il fine.
Perché la società civile nelle Alpi possa essere maggiormente coinvolta nei processi decisionali, tutte le parti in causa devono rendersi conto che questo impegno mobilita risorse ed è utile per tutti. I responsabili devono inoltre essere abilitati a dirigere questi processi. E infine un accompagnamento professionale richiede strutture e organizzazioni e quindi sufficienti risorse a livello di personale, finanziario e intellettuale.
I cinque principi della «Good Governance»
Trasparenza: libero accesso alle informazioni sulle questioni ambientali, la partecipazione a procedimenti amministrativi su progetti con un impatto ambientale e la possibilità di adire alle vie legali contro danni ambientali, nonché la trasparenza dell’azione amministrativa e la tracciabilità delle decisioni.
Partecipazione: coinvolgimento leale delle organizzazioni della società civile come le ONG, le iniziative popolari e le persone interessate, nel concepimento e nell’implementazione di piani, programmi e progetti.
Responsabilità: ripartizione chiara dei ruoli e dei compiti a livello legislativo ed esecutivo.
Efficacia: delega della responsabilità e competenza decisionale agli interessati o al livello territoriale o tecnico successivo.
Coerenza: armonizzazione delle azioni a livello amministrativo e politico fra i diversi organi e livelli gerarchici.
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Processi strettamente connessi
Il termine governance oggi è spesso opposto a quello di «government», dove – pur semplificando – government indica un’amministrazione statale vecchia, incrostata e inefficiente, in cui le decisioni sono rigidamente imposte dall’alto e quindi spesso molto distanti dalla realtà e dai cittadini. Governance invece indica una tendenza verso uno Stato snello, efficace e soprattutto democratico in cui processi informali e flessibili sono di grande importanza. Governance prevede ampi spazi di autogestione, è marcatamente decentralizzata e promuove l’approccio della cooperazione (regionale) basata sul consenso.
In realtà la governance indica un cambiamento diffuso della concezione di amministrazione e governo: anche le istituzioni statali sono sempre più un attore in una rete di attori. Le attività statali si spostano sempre più alla conduzione e gestione di processi di negoziazione della società civile. Questa prospettiva spiega l’attuale aumento delle cooperazioni pubbliche, oppure il trasferimento di uffici pubblici ad agenzie di norma organizzate secondo il diritto privato.
Origine: Alpinscena n. 96 (www.cipra.org/it/alpmedia/pubblicazioni/4960)