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Piante alpine: longeve e in pericolo di estinzione

17/03/2021 / alpMedia
Artemisia genipi (genepì nero), ranuncolo glaciale, sassifraga: l’habitat di queste tipiche piante alpine si riduce sempre più con l’arretramento dei ghiacciai, come mostra un recente studio. Oltre al cambiamento climatico, le piante di montagna subiscono anche le conseguenze dell’immissione di azoto nell’atmosfera.
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Sempre più rare: piante che si sono adattate perfettamente alle condizioni di alta montagna. (c) G. Losapio e coautori

Cosa succederà alla flora delle zone d’alta montagna quando spariranno gli ultimi ghiacciai? Questa domanda è stata affrontata da uno studio condotto in quattro regioni glaciali delle Alpi italiane, i cui risultati sono stati pubblicati alla fine di gennaio 2021 sulla rivista “Frontiers in Ecology and Evolution”. Secondo la ricerca, la scomparsa dei ghiacciai causerebbe l’estinzione fino al 22% delle 117 specie di piante studiate. La ritirata dei ghiacciai lascia allo scoperto porzioni di suolo, in un primo tempo in tali aree si insediano le piante pioniere; a breve termine ciò provoca addirittura un aumento della biodiversità, come spiega il coordinatore dello studio Gianalberto Losapio della Stanford University/USA. “La situazione diventa problematica con il progressivo ritiro dei ghiacciai, perché le piante non possono continuare all’infinito questa rincorsa”. Il team di Losapio ha anche osservato una crescente competizione: “Non appena il ghiacciaio scompare, specie più aggressive sostituiscono le piante pioniere”. Questo e la perdita di habitat ai piedi dei ghiacciai stanno probabilmente causando la perdita di biodiversità in atto. Piante come l’Artemisia genipi (genepì nero), il ranuncolo glaciale e alcune specie di sassifraga sono particolarmente a rischio. Lo studio ha coinvolto l’Università dell’Insubria, l’Università di Milano e il Museo delle Scienze di Trento.

Il problema aggiuntivo dell’azoto

L’ecologa Sabine Rumpf ha indagato perché le specie di piante d’alta montagna reagiscono con un certo ritardo al cambiamento climatico nel quadro di una ricerca del 2019 dell’Università di Vienna e dell’Istituto federale di ricerca sulla foresta, la neve e il paesaggio WSL. Uno dei motivi è che le piante alpine sono particolarmente longeve e rimangono sul posto anche quando le condizioni ambientali non sono più adatte. “Noi lo chiamiamo debito di estinzione. Sappiamo che prima o poi la pianta locale è destinata a sparire ma è ancora presente”, spiega Rumpf, attualmente ricercatrice presso l’Università di Losanna/CH. La scomparsa di una specie a livello locale non significa che la specie si estinguerà completamente, prosegue Rumpf, ma senza ghiacciai “gli habitat in grado di ospitare queste specie subiscono una drastica riduzione”. Oltre agli effetti a lungo termine del cambiamento climatico, la ricercatrice mette in guardia dagli effetti diretti, come l’immissione di azoto nell’atmosfera dalle fabbriche, dall’agricoltura intensiva o dal traffico automobilistico. “Quello che facciamo a chilometri di distanza in pianura, produce grandi effetti in montagna, perché è lì che l’azoto si deposita veicolato dagli agenti atmosferici”. In genere le piante di montagna sono poco tolleranti all’azoto, spiega Rumpf. “Ciò significa che stiamo selezionando piante provenienti da quote più basse, che si affermano sottraendo superficie alle piante alpine”.

 

Fonti e ulteriori informazioni:

www.wienerzeitung.at/nachrichten/wissen/klima/2091250-Wie-die-Blumen-der-Alpen-mit-den-Gletschern-verschwinden.html (de), www.frontiersin.org/articles/10.3389/fevo.2020.616562/full (en), www.nature.com/articles/s41467-019-12343-x (en), www.touringclub.it/notizie-di-viaggio/intervista-a-gianalberto-losapio-con-il-ritiro-dei-ghiacciai-un-quarto-delle/immagine/7/the-consequences-of-glacier-retreat-are-uneven-between-plant-species (it), www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/quasi-un-quarto-delle-piante-alpine-e-a-rischio-estinzione-per-la-scomparsa-dei-ghiacciai/#prettyPhoto (it)

Ascolta l'intervista con Gianalberto Losapio nel podcast della CIPRA: