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L'attuazione della Convenzione delle Alpi nella prospettiva delle ONG

16/12/2003 / Peter Hasslacher
Lo sviluppo della Convenzione delle Alpi è come una fatica di Sisifo. Appena si è superata a fatica una montagna, subito ne appare un'altra. E ora siamo di fronte alla montagna più alta, la montagna dell'attuazione.
I tempi di attuazione non devono differire troppo a livello alpino, e singole Parti contraenti non devono cadere in un ruolo di oppositori al processo di ratifica dei protocolli attuativi. Questi sono entrati in vigore in Austria, Germania e Lichtenstein, mentre in Francia e nel Principato di Monaco ne sono stati ratificati solo alcuni. In Slovenia tutti i protocolli sono stati recentemente sottoposti al Parlamento per la ratifica. In Svizzera e Italia invece non è prevedibile se e quando, quanti protocolli verranno ratificati.

L'impegno delle ONG continua ad essere necessario

Ulteriori ritardi nella ratifica farebbero ben presto echeggiare negli Stati "battistrada" il segnale di arresto, se non addirittura di uscita, a causa delle possibili distorsioni della competitività o per gli svantaggi di localizzazione che ne potrebbero derivare. Rimane perciò compito delle ONG, in particolare di quelle con status di osservatore presso la Convenzione delle Alpi, sollecitare con tutte le forze le ratifiche mancanti.
La situazione diventa critica se le aspettative vengono deluse. Non si deve però arrivare al punto in cui le ONG alpine raffreddano il loro impegno a sostegno della Convenzione delle Alpi. Così facendo, si renderebbero colpevoli nei confronti dei propri membri! Perché la Convenzione delle Alpi è attualmente una delle pochissime possibilità di correzione (di rotta) per i problemi dello spazio alpino.

Definire obiettivi di fondo per l'attuazione!

Dal punto di vista delle ONG, è ora necessario che le Parti contraenti pervengano ad un accordo, in tempi possibilmente rapidi, su concreti obiettivi di fondo. Gli sforzi, le rivendicazioni e gli input specifici a tal fine non sono nuovi. Si può a questo proposito ricordare la proposta della CIPRA per un "Piano d'azione per l'attuazione della Convenzione delle Alpi", che successivamente, in occasione della 6ª Conferenza delle Alpi del 2000, è poi sfociato nei "Principi per l'attuazione". Ora prende il via la ricerca di un piano di lavoro pluriennale, che dovrà strutturare le diverse concezioni delle Parti contraenti e dedicarsi a temi specifici.
Stabilire un piano di lavoro, definire le priorità di attuazione e sviluppare ulteriormente le iniziative di attuazione in corso non deve tuttavia farci perdere di vista il fatto che le disposizioni dei protocolli vanno ora messe in pratica - nel lavoro di tutti giorni - negli stati in cui esse sono in vigore, da parte degli organi esecutivi e delle autorità preposte ad applicare la legge, mediante mandati di adeguamento legislativo o come assistenza di tipo argomentativo, interpretativo e motivativo nell'ambito di programmi, piani e via discorrendo.

Non c'è più tempo per questioni marginali

Gli osservatori come la CIPRA o il CAA (Club Arc Alpin) hanno qui la possibilità, per la prima volta in una convenzione, di svolgere un ruolo in un comitato di valutazione che si occuperà dell'obbligo di presentare relazione e dei casi di presunta inosservanza delle disposizioni dei protocolli. Per far fronte all'implementazione giuridica dei protocolli attuativi della Convenzione delle Alpi, sia le ONG che le Parti contraenti dovranno attrezzarsi a livello organizzativo come nei contenuti.

In molti settori non abbiamo più tempo per discutere di questioni marginali. Si tratta ora di passare alla dura scena dell'attuazione, affinché la Convenzione delle Alpi si dimostri all'altezza dell'ambizione di saper trovare in un settore rappresentativo dell'Europa - le Alpi - il giusto punto di equilibrio tra economia, bisogni sociali ed ecologia.
Fonte : CIPRA-Info 70