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La chiave della varietà di specie alpine è nelle nostre mani

20/03/2008 / Andreas Bosshard
Perché in un prato cresce il giglio di montagna e in un altro il trifoglio o l’erba bambagiona? Perché qui un imponente acero e là un rado bosco di larici? Perché in questo pascolo non si sente il frinire delle cavallette? Certamente dobbiamo osservare attentamente l’altitudine e l’esposizione, tenere conto del terreno e del clima, ma la risposta decisiva a queste domande è: l'uomo.
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Circa il 90 % delle aree particolarmente ricche di specie della Svizzera si trovano in territori agricoli. © Andreas Bosshard
Anche le Alpi hanno raggiunto da tempo l'era dell'antropocene. Se vogliamo comprendere la varietà di specie presenti nelle Alpi, dobbiamo innanzitutto capire l'attività dell'uomo sul territorio alpino ed esaminare le interazioni tra cultura e natura che fanno sì che in un luogo vi sia un bosco, nell'altro un prato pingue, nel terzo un insediamento di seconde case e su in alto sul pendio il prato fiorito ricco di specie, con i gigli di montagna e senza le cavallette.
Sorprendentemente, però, non sono le attività umane odierne dei servizi e del tempo libero a influire maggiormente sulla varietà delle specie. Non sono i trasporti, il turismo, l'edilizia o le piste da sci. La responsabilità ricade abbondantemente sull'agricoltura, nonostante sia ormai un'occupazione riservata a un'esigua minoranza. Nelle montagne svizzere, infatti, una percentuale di popolazione agricola del 7 % sfrutta e determina la configurazione di oltre la metà della superficie utile e, secondo le stime, circa il 90 % delle aree particolarmente ricche di specie della Svizzera sono situate in territori agricoli.

Fattore chiave agricoltura
La domanda più importante per la comprensione della diversità non è quindi di natura ecologica, bensì sociale: Come funziona l'agricoltura? Da cosa dipendono le decisioni degli agricoltori sulle aree da utilizzare? Le risposte sono estremamente complesse, diverse caso per caso e di molti aspetti abbiamo conoscenze insufficienti. Esistono ad esempio fattori personali, culturali, storici, territoriali, legali, economici, sociali e strutturali che giocano un ruolo importante. Si parla di un complesso multidimensionale di obiettivi per l'agricoltura, ma anche in questo caso, soprattutto in Svizzera, se si osserva con attenzione, risalta in primo piano un unico fattore: la politica agricola.
Da un lato, ciò è imputabile a ragioni economiche: quattro sui cinque franchi svizzeri conseguiti nell'agricoltura di montagna provengono direttamente o indirettamente dalla politica agricola e non dal libero mercato della produzione di generi alimentari. Dall'altro, la politica agricola prevede innumerevoli meccanismi di controllo, connessi all'erogazione di sovvenzioni.

Scenari futuri
La scorsa estate si è concluso il quadriennale "programma nazionale di ricerca sulle Alpi" (PNR 48). La sintesi naturalistica del vasto progetto, cui hanno partecipato dozzine di ricercatori di tutta la Svizzera, ha rivolto l'attenzione soprattutto al nesso tra politica agricola e varietà di specie (Stöcklin et al. 2007). Gli autori hanno posto la domanda: Cosa accadrebbe se si modificassero alcuni punti chiave della politica agricola? Gli effetti sono stati stimati in base a modelli su un orizzonte temporale di 10 anni. Ne è scaturito il quadro illustrato (vedi tabella).
Con l'attuale sistema, la varietà di specie e la qualità del paesaggio subiranno un calo anche nei prossimi anni. Ogni giorno scompariranno aree ricche di specie delle dimensioni di 10 campi da calcio, soprattutto per abbandono, ma anche a seguito dell'incremento dei pascoli e dell'intensificazione dello sfruttamento. Entro 10 anni, nelle montagne svizzere, si sarà perso un ulteriore 23 % di superficie ricca di specie, cioè cinque volte la grandezza del Lago di Thun. L'attuale politica agraria avrà così chiaramente mancato gli obiettivi di conservazione e promozione della biodiversità che essa stessa si è posta. La politica agricola ha un problema anche a livello internazionale, poiché non adempie la convezione sulla biodiversità che la Svizzera ha ratificato nel 1994 e che impone la salvaguardia della diversità biologica (vedi riquadro). La situazione sarebbe comunque nettamente peggiore senza i pagamenti diretti. Se venisse a mancare il sostegno dello Stato, nelle aree montane l'agricoltura subirebbe un tracollo in vaste zone e le foreste riprenderebbero possesso di intere valli, facendovi scomparire gran parte della biodiversità e soprattutto le specie rare e a rischio. In alcune zone favorite, lo sfruttamento sarebbe invece intensificato ancor più di oggi. Lo stesso declino si riscontrerebbe per quanto riguarda la natura e il paesaggio, se con pagamenti diretti invariati si inasprissero gli adempimenti e le condizioni, cioè si pagasse più di oggi, senza corrispondenti requisiti prestazionali.
Particolarmente interessanti appaiono però i risultati dello scenario IV, nel quale gli scienziati hanno esaminato cosa accadrebbe, se i soldi venissero impiegati in modo mirato per un indennizzo equo e incentivante di prestazioni definite. Questo cambiamento di sistema comporterebbe una svolta. Per la prima volta da decenni aumenterebbe nettamente il numero di specie e si noti che anche la situazione economica dell'agricoltura di montagna e la sua produttività potrebbero trarne profitto.
Conclusione: l'attuale sistema dei pagamenti diretti, per quanto riguarda la biodiversità e la sostenibilità, è molto meglio di niente o di un sistema di indennizzi forfetari, ma in diversi campi non soddisfa gli obiettivi della sostenibilità. Potrebbe essere notevolmente migliorato e, in tal caso, senza bisogno di ulteriori mezzi finanziari, potrebbe addirittura superare gli obiettivi politici.

Esigenza di un nuovo orientamento della politica agricola
Il futuro della biodiversità nel territorio alpino è quindi in gran parte nelle nostre mani. A differenza di molte altre situazioni, decisive per il futuro delle Alpi, i versamenti dello Stato a favore del settore agricolo costituiscono un fattore chiave, che si può modificare. Nei prossimi anni, alla luce di quanto si è appreso grazie al suddetto programma di ricerca e a numerosi altri studi di valutazione, la distribuzione dei fondi e le condizioni cui essa è associata faranno ancora molto discutere, poiché sono in ballo gli interessi più disparati.
Come mostra la storia, la politica agraria è tuttavia un sistema lento e sarebbe illusorio credere che gli studi o proposte di adeguamento così ovvie possano da soli indurre l'attuazione di riforme fondamentali. Ciò che occorre è un'ampia rete di operatori che si occupino con impegno delle idee e degli obiettivi. In quest'ottica è stata recentemente costituita l'associazione "Vision Landwirtschaft" (visione agricoltura) (riquadro 2), che ha l'intento di contribuire al successo di una politica agricola trasparente e conforme alla Costituzione, basata su un equo indennizzo dei molteplici servizi pubblici, resi dall'agricoltura. La varietà delle specie e la qualità del paesaggio rurale sono solo due di questi servizi, seppure indubbiamente fondamentali e insostituibili.
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