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La proliferazione selvaggia si può limitare

09/06/2008 / Raimund Rodewald
Dagli anni 60 nelle Alpi si costruiscono sempre più seconde case che restano vuote per mesi, deturpano il paesaggio e l’immagine del luogo e danneggiano il settore alberghiero. Non è inevitabile. Esistono strumenti che consentono di indirizzare e limitare il mercato.
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La costruzione di seconde case è aumentata in modo massiccio dagli anni 60. Questo è stato possibile grazie a causa della debolezza della politica territoriale dei paesi alpini. © CIPRA International
Dagli anni 60, il numero delle seconde case presenti nelle località turistiche preferite del territorio alpino è massicciamente aumentato. All’inizio si trattava prevalentemente di villette, spesso situate nei punti più belli del paesaggio, ma poi, dalla metà degli anni 60, si cominciarono a costruire sempre più frequentemente enormi residence e chalet giganteschi. All’inizio degli anni 70, il boom edilizio raggiunse un primo culmine in Svizzera, al quale seguì un andamento del tutto incontrollato. Le seconde case portavano via clienti agli hotel e ci fu una vera e propria moria di hotel. Invece, dal 1970 si fecero sentire le critiche, dapprima da parte dei difensori del paesaggio e poi anche dei responsabili turistici. Da alcuni anni, l'ondata di critiche pubbliche ha acquisito peso e ampiezza.
Nessuno sa con esattezza quale sia effettivamente la percentuale di seconde case. Le definizioni sono deboli («case occupate temporaneamente»), le statistiche imprecise. Ogni paese dell’arco alpino le calcola diversamente. L’istituto austriaco di statistica inserisce le seconde case nella statistica degli alloggi di domicilio secondario. In Francia, l'Institut National de la Statistique et des Etudes Economique (INSEE) non distingue tra case di vacanza, alloggi per studenti e lavoratori fuori sede situati nelle città e appartamenti affittati. Sono tutti semplicemente «résidences secondaires». Nemmeno in Svizzera esistono statistiche differenziate e non ci sono cifre attendibili sulle decine di migliaia di stalle e malghe abbandonate, trasformate in case per vacanze e weekend.
Uno dei motivi principali di questa evoluzione priva di freni della costruzione di seconde case consiste nella debolezza sostanzialmente costante della politica di pianificazione del territorio. Sono proprio le zone turistiche che spesso dispongono di enormi riserve che gestiscono con estrema leggerezza, subendo l’influenza del settore edile locale che preme per ottenere ulteriori aree edificabili. Recentemente, persino le società immobiliari internazionali hanno scoperto il mercato delle seconde case e si può quindi prevedere un'ulteriore crescita.

Tentativi di soluzione sull'arco alpino
Ma ci sono anche i primi tentativi di porre un limite alla proliferazione selvaggia. In Baviera, i comuni possono riscuotere un’imposta sulle seconde case che, nel 2006, ha comunque fatto affluire 19 milioni di euro nelle casse comunali. In Tirolo, le norme relative alla costruzione di case di vacanza sono nettamente più restrittive che, ad esempio, in Svizzera. Infatti, nelle località turistiche, le seconde case non devono incidere per oltre l’8% sul totale degli immobili, benché anche lì non tutte le case di vacanza vengano dichiarate tali e le norme eccezionali vadano a incrementare ulteriormente questa cifra oscura. Un locatore può gestire fino a tre appartamenti in una sola casa, purché vi risieda egli stesso. La Francia rinuncia del tutto ad applicare restrizioni nell’ambito della pianificazione territoriale e punta principalmente agli incentivi, volti a indurre i proprietari a non lasciare le seconde case vuote per mesi, bensì ad affittarle, il che tuttavia non è servito a frenare il boom del settore. Le località turistiche francesi, nate per così dire in provetta, ormai non sono quasi più abitate dai locali, fuori stagione si trasformano in insediamenti fantasma e i comuni e le attività produttive locali lottano per la sopravvivenza. L’Alto Adige ha prescritto per l’intera regione una quota di prime case del 60% e, dal 2007, le prime case di nuova costruzione non possono più essere trasformate in seconde case dopo 20 anni, come avveniva sinora.

Svolta anche in Svizzera
In Svizzera, da qualche tempo, si percepisce una netta svolta nel dibattito pubblico. Nel 2003, numerosi personaggi influenti hanno sostenuto l’appello, rivolto dalla Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio al Consiglio federale a favore di un contingentamento della costruzione di seconde case nell’Alta Engadina. Nel 2005, in occasione di una votazione popolare, il 72% dei votanti ha approvato un contingentamento regionale (vedi anche l’articolo «Allarme a St. Moritz», pag. 20). A Zermatt, Saas Fee, Crans-Montana (Cantone del Vallese) e in altre località sono state emanate norme concrete di contingentamento delle seconde case. Il vento è dunque cambiato. Eppure, i comuni che fanno qualcosa ottengono scarso sostegno dagli organi statali.
Per questa ragione, le associazioni ambientaliste hanno recentemente lanciato due iniziative popolari, delle quali una intende limitare la quota di seconde case rispetto al patrimonio immobiliare complessivo di un comune al 20% mentre la seconda, che gode di un più ampio sostegno, esige che la Confederazione e i Cantoni si assumano maggiori responsabilità per l’utilizzo sostenibile del suolo e la protezione del paesaggio rurale e che, nei prossimi 20 anni, non si aumenti la superficie totale delle aree edificabili. E arrivano i primi successi. Dopo un censimento comparativo delle «misure di indirizzo del mercato delle seconde case» (Massnahmen zur Lenkung des Zweitwohnungsmarktes – Rütter + Partner 2007), dei 95 comuni esaminati in Svizzera, 42 hanno adottato misure di pianificazione territoriale, volte a controllare la costruzione di seconde case e in molti comuni si discute dell’introduzione di un’imposta, seppure in Svizzera manchino ancora i presupposti legislativi a tale scopo.

Si può fare qualcosa
I comuni che vogliono intervenire hanno a disposizione un’intera gamma di strumenti:
– Piano con quote di prime case. Il piano stabilisce, per le singole zone, una percentuale di spazio abitativo riservato alla popolazione residente. Tuttavia, in comuni con un tasso di popolazione stagnante, un piano di questo genere ha poco senso.
– Sistemi bonus/malus. Solo se si costruiscono prime case, possono sorgere anche nuove seconde case, in base a un determinato coefficiente.
– Il «modello tirolese». Stabilisce che la quota comunale di seconde case non deve superare una certa percentuale.
– Misure fiscali. Imposte e tasse per le seconde case sono generalmente limitate per legge e pertanto non sono in grado di indirizzare il mercato in misura considerevole.
– (Obbligo di) affitto. Una misura di questo tipo era già stata proposta da Jost Krippendorf (Die Landschaftsfresser, 1975) e viene praticata con successo nel Whistler canadese.
– Contingentamento. Questa misura di facilissima applicazione consente un controllo dell’offerta mirato e di lungo periodo. Ai fini di un utilizzo sostenibile del paesaggio, i contingenti devono puntare a una limitazione del patrimonio di seconde case e pertanto devono essere gradualmente ridotti.
– Località turistiche con «appartamenti serviti». Questo modello tenta di legare la costruzione di alloggi per i villeggianti alla creazione di posti di lavoro. Tuttavia, non protegge il paesaggio. Se questi modelli falliscono sul piano economico, rischiano di finire per diventare delle seconde case private.

In ultima analisi funziona solo il divieto
La maggior parte di queste misure può limitare la costruzione delle seconde case, ma una vera svolta si ottiene in definitiva solo con un divieto. Il Tirolo l’ha dimostrato. Quindi, la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio chiede che la Confederazione e i Cantoni si impegnino maggiormente a favore della limitazione della costruzione di seconde case e della protezione del nostro paesaggio contro gli eccessi edili.
Concretamente, la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio propone quanto segue:
1. Riduzione delle riserve di zone edificabili nelle aree turistiche.
2. Nessun ampliamento delle zone edificabili senza compensazione: per ogni nuova area resa edificabile occorre eliminarne un’altra precedentemente edificabile.
3. Piani di orientamento e utilizzo che tutelino determinate aree contro le seconde case (ad esempio divieto di costruire seconde case in zone sensibili per l’immagine del luogo e in aree importanti per la vita sociale, piani di protezione del settore alberghiero). Occorre prendere in considerazione anche lo smantellamento e la modifica delle seconde case inutilizzate.
4. Obbligo di contingentamento e limitazione assoluta della percentuale di seconde case.
5. Obbligo e incentivi all’affitto. Tuttavia, anche questo può danneggiare il settore alberghiero e provocare il sovraccarico di una località di vacanza.
6. Imposte mirate per le seconde case e norme per il consumo energetico.