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Valore culturale versus valore monetario

09/06/2008 / Fabrizio Bartaletti
Le seconde case sono la colonna portante del turismo nelle Alpi italiane, dal momento che assieme agli appartamenti in affitto rappresentano circa il 75% dell’intera capacità ricettiva.
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Le abitudini dei proprietari di seconde case (la maggior parte dei quali viene dalla città) rimangono le stesse anche in vacanza. Alcune località sportive di montagna si trasformano in località per vancanze di lusso che rispondono a tutte le necessità. La maggior parte degli ospiti, però, rimane solo durante l'alta stagione. © Frank Schultze/Zeitenspiegel
Il ruolo che però esse svolgono nell’economia delle singole stazioni è molto inferiore alla loro incidenza numerica, perché, se da un lato comportano un intenso consumo di suolo, causato oltretutto da un bene che rimane inutilizzato per buona parte dell’anno, dall’altro tendono a svalutare l’immagine complessiva della stazione, identificandola con un luogo privilegiato da habitués. Costoro ripropongono, infatti, in vacanza le stesse consuetudini, la stessa cerchia di amicizie delle città da cui provengono, escludendo i veri turisti, che spesso finiscono col sentirsi «estranei a casa d’altri».

Distribuzione delle seconde case in Italia
A differenza della Francia e in parziale analogia con la Svizzera, non tutte le Alpi italiane sono ugualmente interessate dal fenomeno della seconda casa. Questo è presente in modo massiccio nelle Alpi occidentali - in particolare nelle province di Torino e Cuneo, nella Valle d’Aosta e nelle Alpi bergamasche - e in misura minore e meno uniforme nelle Alpi orientali, dov’è diffusa soprattutto in alcune stazioni del Trentino poco distanti da Milano e Brescia (Madonna di Campiglio) o dal Veneto occidentale (Folgarìa), attorno a Cortina d’Ampezzo e nel Vicentino (Altopiano di Asiago). Il fenomeno è invece poco presente nel Sudtirolo (con poche eccezioni: Welschnofen, Kastelruth-Castelrotto, Badia, Ritten-Renon) e lo è in modo moderato nel Friuli, a parte il caso della stazione invernale di Piancavallo, nel comune di Aviano. Esiste dunque una correlazione positiva fra numero di seconde case e vicinanza alle grandi aree metropolitane, situazione questa che si presenta del resto anche in altri paesi (ad esempio Garmisch rispetto a Monaco, Davos rispetto a Zurigo e Adelboden rispetto a Berna).

Comuni con il maggior numero di seconde case
L’analisi qui effettuata riguarda l’intero territorio delle Alpi italiane, sebbene delimitato in modo leggermente differente rispetto a Bätzing e alla Convenzione alpina; dunque, i comuni analizzati non sono solo stazioni montane invernali ed estive, ma anche centri lacuali e di bassa montagna, pedemontani e collinari. Le seconde case e la loro capacità ricettiva sono state ricavate da una personale elaborazione dei dati dei censimenti della popolazione del 1981, 1991 e 2001, e dall’applicazione di alcuni parametri.
Ciò premesso, nelle Alpi italiane le seconde case – includendo tra queste non solo le abitazioni utilizzate dai soli proprietari, ma anche quelle più o meno regolarmente affittate – nel 1981 erano 516.000, con una capacità ricettiva stimabile in 2.680.000 letti. Da una proiezione provvisoria, che si riferisce solo ai comuni della Liguria alpina, del Piemonte e della Val d’Aosta (nei quali si concentra il 40% delle seconde case), si ricava che dal 1981 al 2001 le seconde case nelle Alpi italiane sono aumentate del 14,3%, e ammontano oggi a 590.000 unità. Si tratta di valori certo preoccupanti, superiori a quelli delle stesse Alpi francesi (che però sono meno estese), dove seconde case e appartamenti in affitto erano nel 1999 circa 410.000.
La Tab.1 presenta un quadro statistico relativo alle stazioni alpine a più alta intensità di seconde case. Ben 10 comuni su 15 sono situati nelle Alpi occidentali: ai primi posti si posizionano due comuni piemontesi, cioè Bardonecchia, con 7.400 seconde case e una poco invidiabile leadership quarantennale in questo settore, e Frabosa Sottana (6.400), nel cui territorio si situano i centri ski-total di Prato Nevoso (classico esempio di cattiva urbanistica, senza pianificazione) e Artesina; al terzo e al quarto posto si collocano due comuni lombardi, e cioè l’Aprica, sul valico omonimo e con una chiara vocazione invernale, a cavallo delle province di Sondrio e Brescia, e Castione della Presolana, comune polivalente a bassa quota, frequentato soprattutto per la villeggiatura estiva. Oltre a queste località, supera la soglia delle 6.000 seconde case anche Limone Piemonte, devastato dalla cementificazione degli anni ’60 e ’70. Tra i primi 15 Comuni compaiono soprattutto grandi stazioni di sci alpino, come Cortina d’Ampezzo, Valtournenche (con Breuil-Cervinia), Pinzòlo (con Madonna di Campiglio). Non mancano però località con prevalente turismo estivo, come appunto Castione e soprattutto Gallio, Roana e Asiago sull’omonimo altopiano, nel Vicentino, frequentati anche per lo sci di fondo, che presentano una tipologia edilizia non intensiva. Dato che i tre comuni presentano una sostanziale continuità edilizia, si può ipotizzare che, con un totale di 13.400 seconde case e 75.000 letti, detengano un record assoluto per l’intero arco alpino.
È interessante osservare poi il rapporto fra seconde case (con relativi letti stimati) e popolazione residente, e fra la ricettività in seconde case e i letti alberghieri: lo squilibrio rispetto alla popolazione è particolarmente accentuato a Frabosa Sottana, Sauze d’Oulx Sestriere e Limone, mentre le situazioni più «virtuose», in cui cioè questo squilibrio non è così accentuato, si hanno a Cortina e ad Asiago Per quanto riguarda i letti alberghieri, si osserva una situazione parossistica a Gallio, con un rapporto di 116 a 1, ed estremamente squilibrata anche a Frabosa (43 a 1), Castione (42), Roana e Limone, mentre i comuni più virtuosi risultano Pinzòlo (4,6) e ancora Cortina (5,4).
Nei 15 comuni presentati, l’incremento delle seconde case nel periodo 1981–2001 è stato molto più sostenuto (in media: 30,4%) rispetto all’insieme delle Alpi italiane. In particolare, i tassi più elevati sono stati registrati da Ponte di Legno (79%), Asiago e Gallio (dal 64 al 79%) e dall’Aprica (65%). Un forte incremento registrano anche Pinzòlo, ove l’urbanizzazione sta saturando la conca del capoluogo e l’angusto fondovalle di Madonna di Campiglio, Bardonecchia e Castione della Presolana, mentre Limone e Sauze d’Oulx si rivelano più «virtuosi», anche perché ormai vicini alla saturazione. Tra i comuni minori, complementari alle grandi stazioni invernali, è impressionante l’incremento registrato da Sauze di Cesana (+207%), presso Sestriere, ove si è sviluppato il nuovo insediamento di Grange Sises; né sfuggono a questa logica piccole stazioni in un gradevole quadro urbanistico-ambientale, come Champorcher (+176%), con un piccolo bacino sciabile, o Rhêmes Notre Dame (+183%), frequentata quasi solo d’estate. Un incremento ancora più forte si osserva infine in alcuni villaggi dell’estremo Ponente ligure, come Airole (+535%) e Olivetta (+265%), sui quali da anni si stanno rivolgendo le mire immobiliari di turisti svizzeri, germanici e scandinavi, e nel comune di Badia, dove le seconde case (ancora non molte, in termini assoluti) sono comunque triplicate.
L’impressione generale è che nelle Alpi italiane si sia fatto ben poco per arrestare la diffusione della seconda casa, e che dove si è registrato solo un lieve incremento o una stagnazione, ciò sia dipeso più dalla saturazione edilizia degli anni precedenti, o dalla diminuita attrattiva turistica della località, che non da scelte precise di campo. In molti casi, anzi, si è assistito al forte incremento di seconde case anche in comuni poco turistici o comunque svincolati dal turismo invernale, oppure in grandi stazioni che sembravano essere rimaste immuni da tale fenomeno. Questo errato modello di sviluppo turistico, perseguito spesso come mero investimento immobiliare, potrebbe essere arginato con politiche locali rivolte a rendere più difficile l’acquisto di un immobile a non residenti, e soprattutto con una rinnovata coscienza, da parte della popolazione nativa, del valore culturale del territorio in cui vive, del senso di appartenenza alla Heimat, alla piccola patria locale.
Nel Sudtirolo, ad esempio, il numero di seconde case è molto contenuto (10.500, su 7.400 km2), grazie alla scarsa propensione della popolazione locale a vendere immobili o terreni a non residenti, e a piani regolatori comunali nei quali le aree per l’espansione urbanistica sono destinate all’edilizia sovvenzionata per i residenti, o a costruzioni ad uso commerciale, turistico o artigianale. Una vendita scriteriata di case e terreni a una popolazione sostanzialmente estranea, infatti, potrebbe produrre a medio e lungo termine danni di ordine economico, sociale ed ambientale (consumo di spazio e spreco del territorio, scadimento dell’immagine turistica, perdità di identità ecc.)­.
Fonti:
F.Bartaletti, «Demographic Changes and Socio-Economic Features of Italian Alpine Resorts with a high Intensity of Second Homes», in Klagenfurter Geographische Schriften, 1989, pp.19-24; F.Bartaletti, «Bardonecchia, une grande station déchue face aux nouveaux essors du ski alpin», in Studi e Ricerche di Geografia, Genova, 1994, pp. 17-32; F.Bartaletti, Le grandi stazioni turistiche nello sviluppo delle Alpi italiane, Bologna, Pàtron, 1994; F.Bartaletti, «Il problema della saturazione turistica nelle Alpi italiane: un approccio geografico», in F. Citarella (a cura di), Turismo e diffusione territoriale dello sviluppo sostenibile, Napoli, Loffredo, 1997, pp.221-232; F.Bartaletti, «Adelboden. Una grande stazione alpina fra tradizione e modernità», in Studi e Ricerche di Geografia, Genova, 1998, pp.199-251; F.Bartaletti, Geografia e cultura delle Alpi, Milano, FrancoAngeli, 2004; W.Bätzing, Le Alpi. Una regione unica al centro dell’Europa, Torino, Bollati-Boringhieri, 2005.